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Zu Vanni

ÄŒechov fa dire ad Astrov, nello Zio Vanja: “… Quelli che vivranno fra cento, duecento anni, dopo di noi, e per i quali noi adesso apriamo la strada, ci ricorderanno con una parola buona? Macchè nonna, non ci ricorderanno!”.

Questo ci disse all'epoca una signora di 94 anni “... Di cà a cent’anni, di tutti sti sudura ca iettammo pi aviri ‘na vita dignitusa, i nuostri niputi mancu s’arricurdano ca ci fummo..e di stu paisi arristiranno quattro petri a dritta”.

Non è pessimismo, è l’anamnesi di un popolo, quello delle campagne, che si è vista rimuovere dal progresso, che ha parenti, figli partiti per il Nord, che presenzia al dileguamento di valori e tradizioni, che le comunità rurali si sono passate per secoli.

Dopo il parziale insuccesso del Gabbiano, nel 1896 ÄŒechov pubblicava lo Zio Vanja con la paura che si ripetesse l’errore d’interpretazione (pomposamente drammatica del Teatro D’Arte di Mosca), della sua prima opera; dunque, concesse che fosse rappresentato in provincia, da piccole compagnie. Il dramma ottenne un successo tale, da convincerlo a cedere alle rinnovate promesse di allestimento di Stanislavskji, solo a patto che la recitazione fosse priva di qualsiasi caricamento di pathos da parte degli attori e che, dei personaggi, fosse curata anche la vis comica, oltre che la componente drammatica. 

La mia personale esplorazione dello Zio Vanja ha avuto uno sviluppo quasi decennale, dall'acquisizione che della drammaturgia di ÄŒechov è l’atto teatrale che più si concentra sulla memoria, tanto essenziale quanto molesta, per ciò che resta del passato nei personaggi, e apponendone il marchio, sia nel presente che nel futuro. Colpisce il vaticinio, che appartiene ad ogni grande poeta, di descrivere personaggi e situazioni che possiamo ritrovare nella realtà di ogni epoca, come nel caso della famiglia di Vanja, che si trova all’estremità di una tragedia esistenziale e intimamente psicologica, proprio a cagione del “totem” della loro rappresentazione, vivente e sacra, di un periodo di vita, che si ostina a far sopravvivere con il loro ricordo.

 

 

La rilettura

Sul finire dell’estate del 1958, nella casina dei Violanti, agricoltori di vecchia data, sta per consumarsi il delitto per eccellenza nell’universo contadino: la vendita delle terre, per la trasformazione del capitale in reddito bancario. È tornato, per l’ultima volta in ferie,  il vecchio professore Alessandro Serena, luminare di chiara fama, marito della figlia defunta dei Vanni, da cui ha avuto una figlia, Sofia, che vive lì con lo zio Vanni e la nonna Maria Basile Violanti, vedova di un consigliere dei servizi segreti.

Il professore (risposatosi con la sua allieva Elena Andreina, molto più giovane), vive a Roma e sta per vendere le terre e la casina, che ha ereditato la figlia Sofia, per comprarsi uno chalet in Svizzera e vivere di rendita. Ciò provoca il risentimento dello Zio Vanni, bracciante-filosofo, che ha trasferito nella nipote e nel cognato “scienziato”, l’amore e il senso di devozione per la sorella defunta, e che adesso si sente doppiamente tradito, dal tempo tolto alla sua vita dall’illustre parente.

La realtà è che Vanni impazzisce, anche perchè s’infatua di Elena, donna vanitosa e infantile, che civetta sia con il medico di campagna Michele Aretusa, sia con Don Giuseppe Liccu, possidente impoverito.

E alla fine, la materialità della sofferenza emotiva, la corporeità dello sbigottimento, davanti un altare della memoria, gelosamente occultato ai mutamenti, crollando, fa sprofondare Vanni nell’idea assillante del “ travagghiare, travagghiare..” e Sofia, vedendolo piangere, risponde:

C’ama fare? Ama campare!... 'Ama suppurtare, ca pazienza, tutta a sorte! Pi l’autri na ttocca travagghiari, ora.. 'na vecchiaia, senza ripuoso..

 

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Scheda Tecnica

 9 attori

 2 musicisti

 Tecnico luci

 Tecnico audio

 15 abitanti del luogo

 Animali: pecore, mucche, cavalli, muli, galline e cani.

 

Luci

-12   pc dal 1000 w

-4 sagomatori da 1000 w

-8 par da 1000 w

-3 Dimmer: 6 canali

-Consolle: 18 canali

-Attacco Enel: 15kw

 

FONICA

-Microfoni da Palco

-Mixer Audio

-Casse Adeguate all’acustica di uno spazio aperto.

 

Spazio: Lo spettacolo sarà rappresentato all’aperto in una Piazza, che sarà totalmente allestita con mobilio e oggetti degli anni ’50, rendendo partecipe il pubblico nell’allestimento scenico. 

 

Montaggio 5h.

Smontaggio 3h.

Durata: 1h 50’

 

Linguaggio: Italiano e dialetti degli anni ’50.

Genere: Epico (Comico - Drammatico)

Visibilità: 360°                                                                   

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